Se Venezia è nota a livello mondiale come una delle più belle città italiane, è altrettanto vero che la Basilica di San Marco è uno dei simboli del nostro Paese. La chiesa rappresenta al meglio l’architettura veneziana, unica città europea a non aver avuto una fondazione romana o preromana. E’ stata costruita per la prima volta nel IX secolo, al fine di accogliere le spoglie di San Marco. Venne danneggiata a causa di uno spaventoso incendio datato 976 e venne poi ricostruita nel 1063; i lavori finirono solo nel 1093.

La bellezza della chiesta vista dall’interno

La Basilica di San Marco è stata restaurata dopo un altro incendio che si sviluppò nel 1145 e distrusse le decorazioni di gran parte dell’edificio. Furono eliminati gli affreschi e la Chiesa è stata rivestita da mosaici.

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La chiesa di Santa Giustina a Padova ospita la tomba della prima donna laureata al mondo: si tratta di Elena Lucrezia Cornaro Piscopia (Venezia 1646 – Padova 1684). Figlia di un nobile veneziano, che le garantì in tutti i modi la migliore istruzione, a diciannove anni prese i voti come oblata benedettina proseguendo gli studi di filosofia, teologia, greco, latino, ebraico e spagnolo. Ormai nota agli studiosi del tempo, a partire dal 1669 fu accolta in alcune delle principali accademie dell’epoca. Quando il padre chiese che Elena potesse laurearsi in teologia all’Università di Padova, il cardinale Gregorio Barbarigo si oppose duramente, in quanto riteneva “uno sproposito che una donna potesse diventare dottore”. Ne derivò un conflitto tra il cardinale e il Cornaro, che si risolse con il compromesso di far laureare Elena in filosofia: nel 1678 la Cornaro sostenne la sua dissertazione e fu accolta nel Collegio dei medici e dei filosofi dello Studio padovano, benché non potesse comunque, in quanto donna, esercitare l’insegnamento.

La chiesa domenicana fu iniziata nel 1261 per accogliervi la reliquia della Sacra Spina, donata dal re di Francia Luigi IX al vescovo di Vicenza. La leggenda narra che, per provarne l’autenticità, la spina sacra fu bruciata insieme ad altre spine selvatiche raccolte da vari cespugli di rovi e fu ritrovata intatta fra la cenere. L’interno ospita numerosi capolavori tra cui Il Battesimo di Cristo di Giovanni Bellini, L’Adorazione dei Magi di Paolo Veronese e La Madonna delle stelle di Veneziano e Fogolino. La chiesa è ricordata come il cuore della vita religiosa e civile della città.

Fernando di Buglione nacque a Lisbona nel 1195 da una nobile famiglia portoghese, discendente dal crociato Goffredo di Buglione. A 15 anni era novizio nel monastero di San Vincenzo, tra i Canonici Regolari di Sant’Agostino e nel 1219, a 24 anni, venne ordinato prete. Nel 1221, scosso per l’uccisione di cinque frati francescani missionari in Marocco, chiese e ottenne di farsi francescano e di partire in missione. Appena arrivato in terra africana, una malattia infranse il suo sogno e fu costretto a ritornare. Invitato al Capitolo generale di Assisi, ebbe modo di ascoltare Francesco e, su mandato dello stesso, iniziò poi a predicare in Romagna, nell’Italia settentrionale e in Francia.

Emblematico il fatto che non venga ricordato con il nome della sua città natale, ma come Sant’Antonio di Padova, città a cui appartiene, dove svolse la parte più significativa del suo ministero e dove fu sepolto dopo la sua morte, nel 1231. Papa Gregorio IX, per i numerosi miracoli compiuti da Antonio, lo canonizzò dopo solo un anno dalla morte. Sant’Antonio di Padova, uno dei santi più amati del mondo, è il santo dei miracolicelebrato il 13 giugno, giorno della sua morte, ma è soprattutto il grande maestro spirituale, come indica il titolo di “dottore evangelico” attribuitogli da Papa Pio XII. A Sant’Antonio fu dedicata la grande basilica di Padova, proprietà della Santa Sede, come la basilica di San Francesco ad Assisi. L’appellativo Il Santo viene usato comunemente in città e dai fedeli per indicare sia la basilica come luogo, sia la figura di Sant’Antonio.

La basilica custodisce il corpo del santo in un sarcofago (arca) posto nella splendida cappella del Santo: trentadue anni dopo la sua morte, durante la traslazione delle sue spoglie, San Bonaventura da Bagnoregio trovò la lingua di Antonio incorrotta, ora conservata nella cappella del Tesoro, sempre presso la basilica. Al suo interno sono inoltre conservate insigni opere d’arte antiche e contemporanee, tra cui la cappella del beato Luca Belludi, interamente affrescata da Giusto de’ Menabuoi (1382), l’altare maggiore con le sculture di Donatello e diverse opere di scuola giottesca.